A cura di Antonio Spadaro S.J.
Tra Realtà e Immaginazione
Conoscere una produzione musicale come quella di Christian significa entrare in una esperienza di vita, in una sensibilità che sente la musica non solo come luogo di espressione, ma come modo di vivere, di essere, di plasmare la propria esistenza. C’è una necessità dietro i suoi testi e le sue melodie. Ciò non significa che siamo davanti ad una “perfezione”, ma a qualcosa di molto umano, nel bene e nel male, che non prende congedo dalla biografia del suo autore. Con biografia c’è da intendere non solo i fatti reali della sua vita, ma anche quelli immaginari, della fantasia, del desiderio. Così, ad esempio, una ragazza della scuola che egli non conosceva (e a cui, tra l’altro, non si sarebbe mai presentato) diventa l’oggetto di una canzone d’amore appassionato e idealizzato. Christian così “si trova a fare i conti” con una sentimentalità scoperta e vibrante (Quando lei venne a trovarmi), ma nello stesso tempo trasfigurata e idealizzata. Panorami e situazioni esposte a volte sono frutto di esperienze reali (a volte anche dure, come quelle legate alla solitudine affettiva), altre volte fantasticate o frutto di una gioia o di una malinconia che vive solo di immagini interiori.
La Geografia Interiore
Leggendo i testi delle canzoni di Christian ci si rende conto che egli costruisce un territorio, una geografia retta e delineata da dimensioni opposte tra loro: c’è un “alto” e un “basso” che si traduce in una tensione dinamica per cui in basso o si “cammina” alla ricerca o si “precipita” nel buio e, d’altra parte, in alto o “si vola” o si volge lo sguardo, si contempla il sole (se le immagini sono luminose) o anche le stelle (se c’è un tocco di romanticismo notturno). La poesia di Christian non è mai descrittiva, non riesce a tener fermo e fisso l’orizzonte e la prospettiva. Tutto si muove: verso il basso o verso l’alto.Tutto vive di tensioni e nulla è veramente oggetto inerte.
Questa dinamica, che è la “storia” delle canzoni di Christian, la loro dimensione temporale, è resa da due sentimenti fondamentali, da due “motori”, potremmo dire: il sogno e la lotta. Il sogno è la vera realtà, o meglio il vero senso delle cose, la vera sostanza. È la dimensione dell’amore, ad esempio, del vagheggiamento che si accompagna a immagini di luce, molto chiare, terse. La lotta invece è la dimensione della sfida, del confronto con ciò che può ostacolare il sogno, la luce, l’amore. La lotta è soprattutto sfida alla distanza, al sentimento di abbandono, al ri-sentimento. Dunque ecco in sintesi la geografia e la storia delle canzoni di Christian: l’alto e il basso; il sogno e la lotta.
In Alto, La Luce
Figure del mare, del cielo e dei prati… c’è un bisogno profondo di “purezza”, di idealità, di verità, di pensieri “che volano in alto” (Close your eyes). Ecco la dimensione verticale che sostanzia un solo desiderio: “Voglio volare” (Il mattino, la luce), e “Sto volando” (Stefania), dove per volare s’intende un modo di vivere romanticamente “libero e felice”. C’è un ideale di purezza in questo desiderio, come scrive nella prima versione di È tutto: “Finché qualcuno è puro/questo mondo avrà un futuro”. È interessante notare come in Non sono un perdente Christian identifichi il volo con la musica, anzi la vocazione musicale, potremmo dire, realizzata: “Verso il cielo alla fine ho fatto un balzo/dimmi che non sono un perdente/Perché ora il mio passato non conta niente/e so che la mia strada è la musica”. Amore e musica sono uniti dalla stessa metafora del volo. Una canzone si intitola proprio Fly (Vola): “Vola un nuovo orizzonte nella mia mente/il passato resta alle spalle/perché posso rompere le catene che mi legano”. Christian avverte il desiderio di una speranza, di un “posto in cui mi sento forte/dove nulla può andar storto”. In Tutto il mio mondo Christian scrive: “Così ti prego rimani la mia Stella Polare/precedimi, guidami con la tua eterna luce, luce”. La Stella Polare non è da contemplare ma da seguire in un tragitto ascendente verso “nuovi orizzonti”. L’avvenire appare “radioso” (L’estate dell’87) e il cammino è percorribile “rincorrendo arcobaleni” (Quando lei venne a trovarmi).
“Quella foto è Christian per me, la sua creatività, la sua libertà, e la bellezza di quello che aveva intorno…”
– Il suo amico Gianfilippo Cameli
In Basso
Nell’ispirazione di Christian è presente una dimensione “crepuscolare”, malinconica, meditabonda che cerca di toccare le corde più vere del reale e della sentimentalità. Questo genera una sorta di isola deserta, un po’ solitaria, da cui guardare la realtà e le relazioni. Christian si confronta con l’asprezza, l'”acidità” del reale, come in Lemon Girl, “dura da sopportare” (Il prezzo) e “tutto quello che rimane è dolore” (Lemon Girl). È come se la dimensione solare e chiamata verso l’alto fosse sostenuta dalla percezione di una liberazione da ciò che è buio e basso. Volare infatti significa levarsi in alto dal basso. Il timore è presente: “Le mode tutto intorno mi opprimono/[…] Adesso temo che mi buttino giù/Riaffiora una sensazione, un tumulto…” (Non sono un perdente), ma occorre non aver paura di cadere giù: “Tutto è buio/Oh ma non aver paura/Lascia andare i tuoi pensieri/Lasciali andare in alto” (Chiudi gli occhi). La volontà di risalire, a contatto col “basso”, sostanzia in qualche modo una sorta di fuga mundi, di abbandono del mondo: “Sì, abbandono il mondo/mi assicuro di non portare nulla/Sono consapevole di fare la cosa giusta/perché i miei occhi cominciano a vedere/e il mio cuore comincia a sanguinare” (È tutto).
Il Sogno
Tra “alto” e “basso” non c’è stasi ma dinamismo, tensione. I motori di questa tensione sono il sogno e la lotta. In Constance si parla di sogno “a volte sogno di trovarti…” e il sogno è anche il tema di Dreaming again (Sognando ancora). È forte qui l’immagine del pericolo di una discesa ma, nonostante ciò, Christian scrive ancora: “Io riuscirò a sognare ancora/ perché io e te stavamo cercando le cose che sono vere/Oltre le nuvole, sì oltre le colline, oltre il cielo”.
Il sogno è diverso dalle illusioni “e non ho tempo per le illusioni” (Non sono un perdente): è qualcosa che ha un riferimento al reale “tienimi la mano nei sogni miei” (Michaela) e che viene trasfigurato o agognato “Sogna di essere/quello che pensi di non poter essere/lasciati andare/lascia la mente volare” (Chiudi gli occhi). Soprattutto è un territorio, se non di realtà, certamente di verità. Il sogno è il luogo in cui si è più veri, in cui le tensioni fondamentali di una vita si svelano e si manifestano, almeno nell’interiorità. Ecco il motivo dei tanti appelli di Christian al sognare.
La Lotta, la Sfida, la Ricerca
Il sogno è dimensione molto umana di vita ma trasfigurata (e dunque “luminosa”) ad un livello di simbolo, di desiderio, di tensione, di “alto”. Il mondo del “basso” invece è quello del cammino in orizzontale, della ricerca, della sfida e della lotta. In un brano del ’97 (Cercando) leggiamo: “Una fede ristoratrice/continuo a cercare/e quando il sole tramonta/continuo a cercare/ma non ho ancora trovato/la mia strada”. Sette anni prima di comporre questa canzone, nel ’90, Christian aveva scritto in Camminando, camminando: “lasciatemi seguire la mia strada/camminerò finché non l’avrò trovata”. E nel ’92: “C’è uno spirito che sta piangendo/per rompere le catene/e una luce continua a brillare per te oltre il vento e la pioggia” (Sulle ali degli uccelli azzurri).
Il cammino non è segnato da un vago spiritualismo ottimistico. Nelle parole di Christian si avverte la fatica e la tensione della ricerca e della conquista di una vita secondo il proprio sogno. La salita è, come si diceva, ascesa e ascesi. Non esistono tappeti volanti o scale mobili: “ho lottato per la mia vita” (Povero ragazzo), scrive Christian, rivelando quelli che egli definisce i “ricordi delle mie lotte” (Tutto il mio mondo). La vita non è un letto di piume: è segnata da tensioni profonde e capaci di sfidare l’essere umano, toccandolo nelle sue corde interiori più profonde e vive. Si tratta di una tensione “spirituale”, come abbiamo constatato in Sulle ali degli uccelli azzurri.
Lasciami correre via...
Le ultime immagini che Christian ci ha lasciato in una sorta di testamento inconsapevole sono concentrate nella canzone Lasciami correre via. Qui, coscientemente o meno, Christian si è espresso in immagini e parole che per lui sono state sempre fondamentali. L’immagine iniziale è quella del mattino e dunque dell'”alto”. Tuttavia questo mattino è grigio, invaso dal “basso”, dallo “spleen”, che è solitudine, vento polveroso, serpenti velenosi, “male contagioso” in termini simili a quelli baudelairiani. Le speranze “cadono come pioggia”. Da questa discesa però sorge un invito rivolto a se stesso alla reazione, alla lotta, alla sfida: “Ma io mi libererò/Si, mi libererò/Voglio raggiungere un luogo dove poter essere ciò che voglio”. Si slancia un colpo d’ala sullo sfondo grigio di solitudine: “Voglio volar via da questa vita, lasciare tutto e dire addio” e ancora: “Lasciatemi correre via/dove posso essere me stesso/dove posso trovare la mia strada”; “Voglio raggiungere un luogo dove poter essere ciò che voglio“, il luogo del sogno, dell’ideal, del vissuto trasfigurato e luminoso.
La carriera artistica di Christian Cappelluti si chiude con questo inno che compendia le quattro dimensioni della sua poetica: l’alto e il basso, il sogno e la lotta. La tensione più vera, ultima e definitiva è verso un luogo dove si “spezzano le catene” e nel quale egli possa essere se stesso, trovando la propria strada.