A cura di Antonio Spadaro S.J.

Christian Cappelluti o Chris Cappell, come egli amava farsi chiamare con nome d’arte, è una figura singolare di giovane musicista. Nato nel 1975 ci ha lasciato nell’agosto del 1998 ad appena 23 anni.

Una vita breve ma densa, densissima, segnata da una passione radicale per la creatività e l’espressione artistica, musicale in special modo. Di questa esperienza creativa ci rimangono tracce profonde composte da scritti personali e di studio, testi lirici, canzoni, registrazioni più o meno arrangiate. Christian era un musicista di grande qualità e il suo messaggio sta emergendo con forza come un tam tam da chi l’ha conosciuto personalmente come anche tra chi l’ha conosciuto tramite le sue canzoni. Egli scriveva in inglese, la sua lingua preferita.

Christian ha sempre riconosciuto di essere stato fortunato per un’infanzia ricca di possibilità, doni, amici, giochi e fantasia. Ha scritto: When I was a child I had a dream: to posses a super musical ear (Quand’ero un bambino avevo un sogno: avere un forte orecchio musicale). E nel brano Ain’t a looser (Non sono un perdente) del 1989, scritto cioè a 14 anni: Now’I know my way is the music (Adesso so che la mia strada è la musica). La musica sopra ogni cosa, sopra ogni desiderio. Una passione.

Katy e L'Orecchio Assoluto

Christian iniziò a suonare la chitarra a 8 anni. E avvenne per caso. Dai suoi genitori, Adriana e Franco, aveva ricevuto una chitarra in dono per Natale. Christian ricorda una certa delusione perché non sapeva bene che farsene. Avrebbe preferito un gioco o una bicicletta. Era fin troppo occupato da “scuola, nuoto e catechismo” per seguire una scuola di musica. Ma lo zio Aldo un giorno cominciò a suonare con quella chitarra e pian piano Christian imparò da lui. Ribattezzò la chitarra col nome Katy. Successivamente la vera istruttrice fu una ragazza diciottenne della sua parrocchia.

Infine lo aiutò un giovane chitarrista. A 14 anni aveva avviato con un suo amico, Ivano Pagano, una band (i Promise). Cominciò a studiare armonia jazz e ad arrangiare e registrare i propri pezzi con un sistema multitraccia (finora abbiamo scritto due canzoni… per inciderle abbiamo dato l’anima).

A 16 anni studiò composizione al Berklee College of Music di Boston e si interessò alla produzione musicale e all’ingegneria del suono. Qui venne a conoscenza dell’attività di David L. Burge, l’ideatore di un corso per allenare l’orecchio assoluto, l’orecchio che sa riconoscere i suoni all’istante.

Christian aveva fatto un’esperienza singolare: all’interno dell’esibizione finale di un concorso musicale (la sua band arrivò al secondo posto) aveva conosciuto il chitarrista del gruppo che arrivò per primo.Quel giovane era in grado di riprodurre ed improvvisare qualsiasi cosa emessa dalla radio senza nemmeno guardare la tastiera della chitarra, annota Christian stupito, definendo questa come una incredibile esperienza.Da quel momento decise che avrebbe dovuto provare ad acquisire quell’abilità che sentiva di non avere naturalmente.

Nonostante fosse stato dissuaso da molti che ritenevano questa abilità esclusivamente innata e che dunque fosse impossibile acquisirla, sperimentò il metodo di Burge ed esercitò questa capacità durante i 4 semestri negli Stati Uniti sotto la guida di Peter Kairoff. Dopo il liceo infatti si iscrisse ad una delle più prestigiose Università americane, la Wake Forest University nel North Carolina, dove seguì i corsi di Business e di Musica.

Il suo percorso universitario fu brillante: ottenne vari riconoscimenti quali l’iscrizione alla Dean’s List ogni semestre, l’ammissione alla Golden Key National Honor Society (vi sono stati ammessi anche i presidenti Reagan e Clinton), alla Phi Beta Kappa, alla Beta Gamma Sigma (specializzata per il settore economico). Ottenne la Jones Holder Business Scholarship; il Wall Street Journal Award e il Lura Baker Paden for Highest Achievement in Business.

Ebbe infine il suo degree con la valutazione di “summa cum laude”. L’impegno di studio si coniugò sempre con la passione per la musica. Lo studio per provare ad acquisire un orecchio assoluto lo condusse in seguito ad elaborare un proprio metodo di insegnamento, con l’intento di giungere a perfezionare il metodo di Burge. Scrive Christian:

“Proprio come tutte le persone sanno riconoscere i diversi colori di un quadro, il musicista con l’orecchio assoluto sa quali sono le note che vengono suonate nello stesso momento in cui le percepisce, senza guardare lo strumento che sta suonando”.

Come Kandinsky

Le riflessioni di Christian ricordano per assonanza le teorie di W. Kandinsky e il suo principio della “necessità interiore”. Per il pittore russo, in generale, il colore è un mezzo per influenzare direttamente l’anima: il colore è il tasto, l’occhio il martelletto, l’anima un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. L’atteggiamento esperenziale da cui partire per intraprendere il viaggio creativo è dunque la capacità di sapersi predisporre all’ascolto del fenomeno.

La convinzione di una comunicazione a livello spirituale di tutti gli aspetti della realtà portava Kandinsky a mettere in atto un atteggiamento percettivo capace di cogliere, al di là della distinzione fenomenica, un nucleo espressivo comune a tutte le cose. Non è più l’oggetto in sé ad attrarre l’attenzione percettiva del pittore, bensì la sua risonanza interiore in grado di entrare direttamente in comunicazione con la sensibilità creatrice dell’artista. Christian dimostra una sensibilità simile sia perché per il riconoscimento di un suono usa l’immagine del colore, sia perché, come si vedrà, la sua rappresentazione della realtà è sempre frutto di una risonanza interiore che trasfigura, offre senso, riempie di connotazioni inedite ciò che le parole e le note delle sue canzoni esprimono.

Di questo talento espressivo egli ebbe coscienza prestissimo e a 19 anni può già scrivere con franchezza e sicurezza:

“La musica è definitivamente la forma d’arte attraverso la quale posso meglio esprimere me stesso e scrivere canzoni è l’esperienza più gratificante che io abbia mai fatto. […] Ora considero le mie canzoni la cosa più preziosa che io abbia. […] Dopo aver ascoltato le ultime note di una mia canzone, lentamente apro gli occhi e mi ritrovo a fissare qualcosa che rapidamente mi riempie con un senso di gioia nascosta e un po’ di nostalgia”.

Ancora una volta il rapporto suono/visione appare forte e pesca nell’immaginario capace di sollecitare emozioni complesse e sfumate di gioia e nostalgia che hanno il gusto di una interiorità sensibile e capace di forti risonanze.

La Collaborazione Con Mina

A 20 anni Christian avvia la collaborazione con Mina. Collaborò infatti nel ’95 al suo doppio CD Pappa di Latte, componendo la versione inglese di When You Let Me Go (Cosa resterà degli anni ’80 di Raf) e l’arrangiamento di Donna, Donna, Donna. Intanto cominciava a circolare per le radio americane il suo pezzo Lemon Girl.

Aveva realizzato nel frattempo il progetto di un CD dal titolo The Dream of Constance sostenuto da idee ben precise e da una forte capacità organizzativa e progettuale. Aveva già preso contatti con Kashif, il maggior produttore musicale californiano (ha prodotto Whitney Houston, George Benson, …) ed era stato presentato da Billboard MagazineMusic Biz, due tra le più note riviste musicali degli Stati Uniti.

Per Christian la musica era tutto. Occorre leggere, se ancora non si è convinti, la risposta che diede ad una domanda obbligatoria per la partecipazione ad un concorso per ottenere una borsa di studio. La richiesta era la seguente: “Discuta i più importanti risultati che ha conseguito a tutt’oggi (limitandosi a tre o quattro di questi). Descriva l’importanza del suo impegno personale in ciascuna delle situazioni che citerà”.

L'Equivalenza tra Musica e Vita

“L’unico, importantissimo risultato conseguito nella mia vita coincide con la mia musica […]. Considero i nastri delle mie canzoni come la testimonianza materiale del più importante risultato della mia vita, oltre ad essere tra le cose più care che mi appartengono. La ragione per cui penso questo è che ogni canzone coglie i miei sentimenti, malinconie, speranze, sogni, esperienze ed idee in particolari momenti della mia infanzia, adolescenza e maturità. Ogni canzone contiene una storia, e ogni canzone è parte di me. Sono molto fiero di possedere la capacità di esprimere i miei pensieri e i miei sentimenti in forma musicale e di fissarli nel tempo in una canzone”.

La musica è l’unico risultato significativo a tal punto che egli vive una equivalenza tra musica e vita: compongono un binomio inscindibile, specialmente dal punto di vista affettivo. Le canzoni per Christian non sono solo momenti espressivi, ma luoghi della memoria e situazioni rivelatrici della propria individualità e della propria storia, luogo di discernimento di speranze, sogni, malinconie, idee ed esperienze.

Ogni sua canzone contiene, appunto, una storia. Questo è il primo motivo per cui la musica è per Christian il miglior risultato della propria vita. Ma ce ne sono almeno altri due. Il secondo è

“la consapevolezza che le mie capacità compositive sono enormemente cambiate nel corso degli anni. In altre parole, il genere di melodie, armonie, progressioni che adopero nel fare musica è oggi molto più “evoluto” di quanto non fosse 5 anni fa”.

Christian nota come la musica sia il proprio terreno di evoluzione, di progresso, di miglioramento, di dinamismo. Una progressione che richiede ovviamente impegno e dedizione. È questo infatti il terzo motivo della sua soddisfazione:

“io suono virtualmente tutti gli strumenti delle mie incisioni, impiegando una tecnologia di registrazione a varie piste. Ho imparato da solo a cantare e suonare il piano, la chitarra, il basso, il flauto, il sintetizzatore ed altri strumenti, in modo da essere l’unica persona a gestire tutte le sonorità delle mie canzoni […] l’impegno personale ha un ruolo importantissimo”.

Christian vive una sorta di “ascesi”. Sa di avere molte doti, ma sa anche che se esse non vengono “creativamente attivate” non servono a molto. Così sa porsi degli obiettivi, delle priorità. Sappiamo che a Wake Forest decide di sottoporsi a ritmi di lavoro duri.

Si sveglia alle 4.45 del mattino per poter dedicare almeno 5 ore di lavoro al giorno alla musica, spesso dopo lunghe soste di meditazione nella forestaadiacente il campus universitario. Dave Isbiter, suo professore, ha scritto: “Aveva insieme il dono di essere artista e capace businessman“. In effetti aveva raggiunto un interessante equilibrio tra l’ispirazione artistica e la capacità di dare ad essa un volto pubblico e professionale.

Troviamo la testimonianza forse più eloquente di questa doppia abilità nei report del progetto “The Dream of Constance” elaborato all’interno del curriculum universitario. In esso, passo per passo, viene cercata e trovata la strada migliore per poter dare concretezza ai suoi desideri di ingresso nel mondo della musica professionale.

Notiamo di passaggio lo studio dell’atteggiamento da tenere nell’incontro con il famoso produttore Kashif. In questo “studio” Christian rivela la propria sicurezza preferendo tenere con lui nel loro primo (e decisivo) incontro un atteggiamento sostanzialmente “aggressivo” e l’uso di parole simili: “… mi creda, sono uno che vale. Se avrà una parte nella mia carriera, anche lei ci guadagnerà di sicuro!”. Ovviamente nel progetto seguono le motivazioni fondamentali e convincenti di questa affermazione.

La Creatività, la Fantasia e la Capacità di accogliere l'ispirazione

Le qualità principali di Christian erano la creatività, la fantasia e la capacità di “sentire” l’ispirazione. Riguardo alla propria musica Christian scriveva:

“È come se avessi una sorta di registratore mentale: se c’è una canzone che mi è familiare, posso suonarla nella mia testa e per me è piacevole come se l’ascoltassi allo stereo. Questa strana abilità, se “attivata creativamente”, costituisce il modo fondamentale attraverso cui la mia ispirazione comunica con me: senza alcun preavviso, quando meno me l’aspetto, mi viene in mente il refrain di una canzone che non ho mai ascoltato prima. La parte della canzone che mi viene offerta dall’ispirazione è sempre già del tutto arrangiata e completa del testo”.

L’abilità di cui parla Christian non è solo un “dono” da accettare passivamente, ma qualcosa da attivare creativamente, da coltivare, da volere e quindi assecondare.

Christian crede fortemente all’ispirazione, anche a quella improvvisa:

“Se ripenso alle canzoni che ho scritto, immagino che la maggior parte delle volte, appena prima aver scritto la prima nota, stavo probabilmente facendo o pensando cose che hanno poco a che fare con la musica. Poi, tutto a un tratto, c’era della musica nella mia testa e, pochi minuti dopo, avrei potuto avere una nuova canzone quasi finita. In certo modo, la musica viene a me quando non sto pensando ad essa. Non sono mai stato quello che ha fatto il primo passo”.

L’ispirazione spesso dura poco tempo, è un tempo da riconoscere al volo. Occorre “cogliere l’attimo” con la maggiore intensità possibile:

“L’attacco di ispirazione” è spesso molto breve, ma, a volte, se sono fortunato, riesco ad ascoltare diverse parti di una canzone, come il verso, il coro, il ponte, l’assolo, ecc. Ho imparato un trucco: continuo ad ascoltare, facendo il minor numero di sforzi possibile, e lascio fare alla mia ispirazione il suo lavoro”.

L’indeducibilità dell’ispirazione rende Christian in ascolto di una dimensione interiore che è anche onirica, vive cioè nel sogno, che è poi uno tra i maggiori temi della sua produzione:

“[…] molta della musica che ho prodotto negli ultimi tre anni è stata composta mentre dormivo. Sogno molto e, credetelo o no, molti dei miei sogni hanno una colonna sonora. […] A volte, sfortunatamente, mi sveglio dopo uno di questi sogni nel bel mezzo della notte. Quando ciò accade, se posso ancora sentire la musica nella mia testa, sono troppo stanco per alzarmi e scriverla. Così mi riaddormento, ma quando mi sveglio al mattino, so che avevo una canzone molto bella, ma che l’ho dimenticata e che è perduta per sempre”.

La curiosità e la voglia di fare e di costruire donavano a Christian un'”intelligenza tenacemente curiosa” (prof. Jack Wilkerson), un “carattere forte, intenso e grande entusiasmo per la vita” (un suo amico di nome Justin). Per il prof. Douglas Beets era un “brillante esempio di studente ideale, appassionato e con una gran voglia di fare, sempre desideroso di imparare”. Insomma, come scrisse un altro professore, “era un uomo di grandi sogni e forti ambizioni”. La dimensione onirica e la cosciente voglia di fare e creare hanno lavorato in sinergia, dando luogo a testi profondamente “umani” e intensi.